IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel processo n. 2062/2003
r.g.  tribunale promosso con decreto di citazione a giudizio del p.m.
nei  confronti  di Smith Adel imputato del reato di cui all'art. 403,
commi  primo  e  secondo  c.p.  per avere durante un dibattito in una
trasmissione televisiva sull'emittente privata «Tele Nuovo» offeso la
religione   dello  Stato  mediante  vilipendio  di  chi  la  professa
definendo  la Chiesa Cattolica «una grande associazione a delinquere»
e  mediante  vilipendio  del  cardinale Biffi (vescovo della Curia di
Bologna)  definito  «miserabile»  e del Sommo Pontefice indicato come
«capo   di   questa  istituzione  che  io  definisco  associazione  a
delinquere»; in Verona 8 novembre 2002.
    Premesso  che  la difesa ha sollevato eccezione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 403 primo e secondo comma c.p. per contrasto
con gli artt. 3 primo comma e 8 primo comma Costituzione;
        che  il p.m. si e' associato a tale eccezione, rilevando come
la  norma  si  presti  a  censura di costituzionalita' anche sotto il
profilo di cui all'art. 19 della Costituzione;
        che   il   giudice   ritiene  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  rilevante e non manifestamente infondata, nei termini
oltre indicati, evidenziando in proposito:
          quanto  al profilo della rilevanza, che l'imputato, qualora
fosse  ritenuto  responsabile  del  reato di cui all'art. 403 primo e
secondo comma c.p. non potrebbe beneficiare della diminuzione di pena
di cui all'art. 406 c.p. prevista per i «culti ammessi» e quindi ora,
dopo l'entrata in vigore della legge 25 marzo 1985 n. 121 che ha dato
esecuzione  all'accordo  18 febbraio 1984 tra Stato italiano e Chiesa
cattolica,  per  tutte  le  «confessioni religiose» diverse da quella
cattolica, non esistendo piu' una «religione di Stato»;
          quanto  al profilo della non manifesta infondatezza, che il
differente  e  deteriore  trattamento  sanzionatorio  previsto quando
l'offesa  riguardi «la religione dello Stato», da intendersi ora come
religione  cattolica,  appare integrare una violazione degli artt. 3,
primo  comma,  e  8, primo comma, della Costituzione che proclamano i
principi  di  pari  dignita'  ed  uguaglianza  dei  cittadini e delle
confessioni religiose davanti alla legge, in quanto la protezione del
sentimento religioso e' venuta ad assumere, a seguito dell'evoluzione
subita  anche  dalla giurisprudenza costituzionale, il significato di
un corollario del diritto costituzionale di liberta' di religione;
        che  in  proposito  la  stessa  Corte  costituzionale  ( cfr.
sentenze  n. 329  del  14  novembre  1997 e n. 327 del 9 luglio 2002)
dichiarando  l'illegittimita'  costituzionale delle norme di cui agli
artt. 404   e  405  c.p.  nella  parte  in  cui  non  prevedevano  la
diminuzione  della  pena di cui all'art. 406 c.p. nel caso l'offesa e
il  turbamento riguardasse cose e funzioni della religione cattolica,
ha  ritenuto  ormai  superati  tutti gli argomenti portati a sostegno
della  differente  disciplina posta dagli artt. 404 e 406 c.p. con la
conseguenza    che   ormai   tale   differenza   si   rivela   essere
un'inammissibile discriminazione;
        che   pertanto   il   processo   non   puo'  essere  definito
indipendentemente  dalla  risoluzione della questione di legittimita'
costituzionale e deve essere quindi sospeso.